“Sulla parità di genere nel mondo del lavoro sono stati fatti degli importanti passi in avanti e quindi le misure sinora adottate dai governi, nonché quelle contenute nel PNRR, sono in linea con gli obiettivi di riduzione del divario occupazionale tra uomo e donna, ma sarebbe essenziale dare continuità ai benefici e agli incentivi stanziati in favore delle imprese che procedono all’assunzione di donne, attribuendo carattere strutturale”. Lo sostiene Emanuela D’Aversa, responsabile dell’ufficio relazioni industriali di FederTerziario, che poi aggiunge: “Occorrono misure che favoriscano una più equa distribuzione dei carichi di cura e una cultura della genitorialità più condivisa, visto che ancora oggi ‘il ruolo di madre‘ nel nostro Paese identifica la donna come principale deputata alla cura dei figli – basti pensare che i congedi parentali sono per l’80% richiesti dalle donne – e sembra poi trovare una linea di continuità con l’accudimento più in generale delle persone più fragili (anziani, disabili) per tutto l’arco della vita”.
Le parole di Emanuela D’Aversa, responsabile delle politiche di genere dell’organismo datoriale, commentano i recenti dati pubblicati ad aprile dall’Istat che ha aggiornato gli indicatori del Benessere equo e sostenibile anche in relazione agli effetti della maternità sulla partecipazione al mercato del lavoro e quindi alle eventuali disparità di genere. Uno degli indicatori sviluppati dall’Istituto di statistica è il rapporto tra i tassi di occupazione delle donne con figli in età prescolare e donne senza figli che sarebbe pari a 100, in caso di uguaglianza tra i due tassi, e che, invece, nel 2024, in relazione alla fascia di età (25-34 anni) risulta pari al 63,5%: tra i due tassi di occupazione, quindi, ci sono fino a trenta punti percentuali di differenza. Pur essendo il risultato più performante per le donne con figli degli ultimi sette anni, il dato tradisce ancora il peso non trascurabile della cosiddetta child penality nella partecipazione della donna al mercato del lavoro. Ed è anche questa una questione di genere.
“Alla luce dei dati ISTAT e in continuità con quanto previsto nel PNRR – aggiunge Emanuela D’Aversa che su questi temi ha redatto un documento di proposte targate FederTerziario – è indispensabile e improcrastinabile prevedere investimenti in infrastrutture socio-assistenziali e educative, che fungerebbero da contrasto all’abbandono del lavoro da parte della madre, ridurrebbero il ricorso delle donne al part-time involontario, le libererebbero dal ruolo di caregiver e aumenterebbero il tasso di occupazione femminile, contribuendo contestualmente al contrasto alla denatalità. C’è molto lavoro da fare: secondo l’indagine campionaria, condotta nel 2023 da Istat e Università Ca’ Foscari – Venezia, in collaborazione con il Dipartimento delle politiche per la famiglia, i livelli di partecipazione al sistema educativo dei bambini tra 0 e 2 anni di età, con riferimento ai soli nidi e alle sezioni primavera (pubblici e privati), registrano un tasso di frequenza del 28,1%, che scivola al 17% al Mezzogiorno anche in rapporto alla disponibilità dei posti nei servizi censiti sul territorio.

Pur apprezzando gli interventi legislativi riteniamo necessario prolungare la durata e rendere obbligatori i periodi di congedo per i padri ed aumentare per entrambi i genitori l’ammontare dell’indennità prevista. Urgente è anche aprire un dibattito che valuti una revisione dei calendari scolastici, visto che le dimissioni di donne lavoratrici si concentrano soprattutto nel periodo estivo, nonché rendere strutturali incentivi all’autoimprenditorialità femminile accompagnati da percorsi formativi che riducano il gap femminile in tema di educazione finanziaria e competenze STEM”. Da sempre legato all’azione di FederTerziario sul territorio è l’impegno nella promozione della formazione continua per superare gli attuali elementi di criticità. Anche nel processo di un progressivo riequilibrio di genere del mercato del lavoro, potrebbe risultare fondamentale il tema dell’ampliamento dei destinatari della formazione finanziata attraverso i Fondi Interprofessionali, includendo le donne disoccupate e inoccupate.
“Riteniamo – conclude Emanuela D’Aversa che di questi temi ha parlato nei giorni scorsi come responsabile per le politiche di genere di FederTerziario al CEOforLIFE RoundTable – che la possibilità di formare prima dell’assunzione donne disoccupate o inoccupate contribuirebbe alla diminuzione del mismatch tra domanda e offerta di lavoro che, molto spesso, tende a penalizzare soprattutto le donne e i giovani, e consentirebbe alle imprese di formare adeguatamente il proprio personale prima di assumerlo.
Da apprezzare, tra le altre cose, l’approccio innovativo rappresentato dal gender procurement (ex D.L. n. 77/2021) nei bandi di gara che riguardano i progetti finanziati dal PNRR e, in quest’ambito, anche il Fondo per la creazione di imprese femminili istituto a gennaio con 400 milioni di euro con l’obiettivo di innalzare il livello di partecipazione delle donne nel mercato del lavoro e, in particolare, di sostenerne la presenza in attività imprenditoriali.