Fatture non pagate o lunghe attese nei pagamenti per migliaia di piccole e medie imprese. È la situazione – che emerge da un’elaborazione dell’Ufficio studi della Cgia Mestre su dati Eurostat – che interessa le pmi italiane, in difficoltà con la Pubblica amministrazione.
E sebbene gli sforzi per rimediare all’evidente problema, la nostra Pa continua ad essere la peggiore in Europa nel confronto con gli altri Paesi dell’area Schengen, presentando infatti un debito commerciale nei confronti dei propri fornitori, in gran parte pmi appunto, che nel 2022 ha toccato i 49,6 miliardi di euro. Come hanno sottolineato dall’Ufficio studi di Cgia Mestre, dei 49,6 miliardi di euro non ancora incassati dalle aziende sono inclusi quelli di parte corrente, ma non quelli in conto capitale. E dunque, considerando questi ultimi, si ipotizza che potrebbero non essere stati ancora onorati un’altra decina di miliardi di euro.
E se si stima che una buona parte di questa cifra riferita a mancati pagamenti maturati prima del 2022, in linea di massima la percentuale dei consumi intermedi della Pubblica amministrazione non ancora liquidata
ammonterebbe al 43%. Il mancato pagamento o quello estremamente ritardatario della Pa nei confronti
delle aziende italiane continua dunque a rappresentare un grosso problema. Di recente è intervenuta anche la Corte europea di giustizia che ha ritenuto opportuno bacchettare il sistema italiano malgrado alcuni miglioramenti registrati negli ultimi anni.
Tra i fattori che spingono gli enti locali a questa cattiva abitudine sono diversi: dalla mancanza di liquidità da parte del committente pubblico ai ritardi intenzionali, passando per l’inefficienza di molte amministrazioni a emettere in tempi ragionevolmente brevi i certificati di pagamento e le contestazioni che allungano la liquidazione delle fatture. Ma c’è di più perché secondo la Corte dei conti gli enti starebbero privilegiando il pagamento delle fatture con grossi importi a scapito di quelle con cifre basse, ritardandone intenzionalmente il pagamento.
«Una modalità operativa – precisano dall’Ufficio studi di Cgia Mestre – che penalizza le piccole imprese che, generalmente, lavorano in appalti o forniture di importi nettamente inferiori a quelli “riservati” alle attività produttive di dimensione superiore. Va segnalato che è emerso che molte realtà hanno migliorato le loro performance nel 2022, ottenendo valori negativi (ovvero hanno pagato in anticipo), ma i ritardi permangono elevati per i pagamenti riferiti agli anni precedenti. In buona sostanza, tante realtà amministrative liquidano per tempo le fatture dell’anno corrente, mentre tralasciano intenzionalmente quelle ricevute in passato».