Significative disparità salariali per i lavoratori dipendenti privati fra Nord e Sud Italia. A sostenerlo un recente studio condotto dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre che ha evidenziato come i dipendenti nelle regioni settentrionali percepiscano stipendi medi mensili lordi di circa 2mila euro, mentre i colleghi del Sud si attesterebbero intorno ai 1.350 euro. Una differenza di quasi il 50% pari a 8.450 euro lordi annui.
I motivi della disparità
A incidere diversi fattori. Prima di tutto il costo della vita e la produttività, entrambi più elevati al nord. Inoltre, la presenza di contratti a termine – come il part-time involontario e i lavori stagionali – è più diffusa nel Mezzogiorno, influenzando negativamente le retribuzioni medie. Ancora, la concentrazione di grandi gruppi industriali e istituti finanziari, che offrono stipendi più alti, è prevalentemente nelle aree urbane del Nord Italia, elemento che contribuisce ulteriormente a queste disparità.
Nel 2023, come si evince dal report di Cgia Mestre, il monte salari lordo per i 17,3 milioni di lavoratori dipendenti privati in Italia ha raggiunto i 411,3 miliardi di euro, con una retribuzione media mensile lorda di 1.820 euro, segnando un incremento del 3,5% rispetto al 2022. Tuttavia, nello stesso periodo, l’inflazione è aumentata del 5,7%, erodendo il potere d’acquisto dei lavoratori. È significativo notare che oltre il 60% del totale delle retribuzioni è stato erogato ai lavoratori del Nord.
Analizzando le province, è Milano a guidare la classifica con una retribuzione media mensile di 2.642 euro, seguita da Monza-Brianza con 2.218 euro e dalle province lungo la via Emilia, come Parma (2.144 euro), Modena (2.129 euro) e Bologna (2.123 euro). La prima provincia del Sud nella graduatoria è Chieti, al 55° posto, con una retribuzione media di 1.598 euro. Le province con gli stipendi più bassi includono Trapani (1.143 euro), Cosenza (1.140 euro) e Nuoro (1.129 euro), con Vibo Valentia all’ultimo posto a livello nazionale, con una retribuzione media di soli 1.030 euro.
Un quadro, quello che emerge dai dati, che necessita ancora di interventi mirati per assottigliare il gap promuovendo un’opportunità economica più equa. Sebbene l’abolizione delle gabbie salariali negli anni Settanta e l’applicazione dei Contratti collettivi nazionali, le differenze retributive fra le regioni italiane sono ancora oggi significative.