La pandemia non ha impedito alle aziende di investire in formazione. E ai dipendenti di implementare le loro conoscenze migliorando le soft skills. Nel 2020 il 68,9% delle imprese attive in Italia con almeno 10 addetti ha svolto attività di formazione professionale, tra le grandi imprese (250 addetti e più) la quota supera invece il 90%.
È il quadro che emerge dal report di Istat – l’Istituto Nazionale di Statistica – nel quale si fotografa la formazione delle imprese italiane. Le trasformazioni in corso negli ultimi anni hanno avuto impatto anche sul contesto gestionale delle imprese, modificandone i metodi di lavoro e le prassi organizzative (come ad esempio i gruppi autonomi, il telelavoro, le organizzazioni orizzontali), interessando due terzi delle imprese, soprattutto per l’emergenza sanitaria (il 60,3% delle imprese la segnala infatti come causa del cambiamento).
Costi elevati e tempo per chi sceglie di non investire in formazione
E sebbene molte aziende in Italia abbiano deciso di promuovere buone pratiche formative e corsi di aggiornamento, molte altre, invece, scelgono deliberatamente di non farlo. Tra i motivi alla base della decisione si riscontrano, spesso, i costi elevati (8,6%), la mancanza di tempo (8,0%), l’insufficienza di risorse finanziarie a disposizione (7,1%) e le difficoltà tecniche nell’organizzazione della formazione (7,2%), queste ultime dovute, per un terzo delle imprese, all’insorgere dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Per quanto riguarda il terziario, dati al di sotto delle aspettative per il settore che riguarda gli alloggi e la ristorazione dove solo il 48% di imprese che ha promosso corsi di formazione per i loro addetti, un dato questo influenzato certamente dal carattere di stagionalità di tante attività nel settore ricettivo.
FondItalia, l’organismo paritetico di Ugl e FederTerziario che finanzia la formazione per le aziende
FederTerziario promuove costantemente la formazione per le aziende associate alla confederazione. Promuove inoltre, insieme a Ugl, FondItalia, Fondo interprofessionale che finanzia la formazione professionale continua. Il fondo, con la pubblicazione dell’Avviso FEMI 2023.01 – FMC, ha aumentato la dotazione economica iniziale di un milione di euro, passando dai sei milioni stanziati lo scorso anno ai sette milioni di budget per l’anno corrente.
Il settore finanziario primo per numero di addetti impegnati nella formazione
Intanto, sullo sviluppo di competenze formative, sempre secondo i dati Istat è il settore finanziario a riscuotere il maggior numero di addetti impegnati nella formazione. Col 93,9%, infatti, quello finanziario occupa il primo posto nella classifica dei macrosettori. Completano il podio quello delle costruzioni (82,1%) e quello dei servizi legati alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (82%). Seguono poi i macrosettori delle attività professionali, artistiche, sportive, scientifiche tecniche, noleggio e altri servizi (72,7%), quello dell’industria (70,3%), del commercio (66%) e del trasporto e magazzinaggio (65,9%). Ultimo, appunto, il settore dedicato all’alloggio e alla ristorazione col 48%.