Una ricetta funzionale per superare l’apparente paradosso dettato dalla contemporanea presenza di un importante tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile, e della difficoltà di reperimento del personale: “Sosteniamo che questo mismatch tra domanda e offerta di lavoro – spiega Emanuela D’Aversa, vicepresidente FederTerziario Turismo – richiede un nuovo approccio alla formazione che sia più vicino alle reali esigenze del mondo produttivo e capace di creare concrete chance lavorative, soprattutto per i più giovani e le donne, anche in ragione del preoccupante calo demografico e del progressivo invecchiamento della popolazione italiana”.
Ripartire dalla formazione è una grande opportunità che FederTerziario evidenzia a partire dall’incrocio tra gli ultimi dati Istat – tasso di disoccupazione all’8,3% che sale al 24,5% tra i giovani – e la richiesta di personale manifestata dalle imprese: il 38,3% dei lavoratori ricercati non è reperibile, secondo il bollettino del sistema informativo Excelsior. Una necessità che è scritta nel sostanziale fallimento dei centri per l’impiego: una ricerca Istat ha confermato che nel 2020 soltanto per l’1,4% dei nuovi occupati il Cpi è stata l’azione di ricerca più utile per trovare l’attuale lavoro. Il futuro, in altri termini, si chiama formazione e “in tale ottica sarebbe opportuno valorizzare il ruolo dei Fondi interprofessionali – continua la vicepresidente – che, anche al carattere bilaterale che li contraddistingue, ad oggi sono i soggetti che meglio sanno interpretare le esigenze e le necessità delle imprese e che sono in grado di erogare una formazione funzionale al mercato”.
FederTerziario è parte costituente di FondItalia, un fondo di formazione che dal 2010 al 2021 ha approvato e finanziato più di 4.700 progetti per oltre 59 milioni di euro, con l’adesione di 750 mila lavoratori e quasi 142 mila imprese, soprattutto microimprese, cioè fino a 9 dipendenti, che poi costituiscono l’ossatura del sistema produttivo nazionale: nel 2020 erano il 95,2% del totale (Istat, Rapporto sulle imprese 2021). Un solco entro il quale bisognerà continuare a lavorare nell’ottica di agevolare anche una maggiore stabilizzazione e rioccupabilità del personale – record di contratti a termine, secondo le ultime rilevazioni, pari a oltre 3 milioni – realizzando strumenti capaci di conciliare flessibilità e valorizzazione della professionalità e delle competenze, con proiezione sui benefici sociali che potrebbero derivare da un impatto del genere.
Non solo dipendenti da formare e tenere costantemente aggiornati, perché c’è tutta una classe dirigente che deve puntare a intercettare le nuove coordinate dello sviluppo: “Proprio partendo dall’analisi delle peculiarità del tessuto produttivo italiano, costituito per la quasi totalità da PMI, è di tutta evidenza la necessità di nuove forme di investimento e finanziamento – conclude D’Aversa – per attività formative destinate ai piccoli imprenditori. Considerando la fase di transizione che stiamo vivendo (dettata anche dall’Agenda 20/30) bisogna lavorare per far sì che alle imprese siano destinate risorse per sostenerle, formarle ed affiancarle in un percorso transizionale in ragione del quale viene chiesto loro di diventare più sostenibili, più digitali, più sociali e attente alle disuguaglianze di genere e generazionali”.
Per dare stabilità al sistema produttivo, visto che anche le imprese sono strette nella morsa della scarsa professionalità e del turn over, diventa fondamentale anche una contrattualistica adeguata ai tempi e in questa direzione procede ad esempio l’innovativo contratto nazionale outsourcing-insourcing firmato da FederTerziario-UGL che punta alla stabilizzazione del personale, pur nel rispetto delle necessità di flessibilità intrinseche al mercato in cui si opera, e spinge nella direzione di una maggiore professionalizzazione dei dipendenti.