Come se sui Professionisti e sulle PMI italiane già non gravasse la sciagura provocata dalla contrazione del mercato a seguito della pandemia da Covid-19: sciagura che è calata sulle imprese già colpite da una serie di problematiche, quali una fiscalità tra le più alte dei Paesi occidentali e un sistema creditizio possiamo dire favorevole alle aperture di credito, nonostante le banche abbiano ricevuto dall’Europa miliardi di euro, a costi irrisori.
A seguito dell’entrata in vigore della nuova definizione di “default” prevista dal suddetto Regolamento europeo, a questa situazione già drammatica si sta per aggiungere una nuova criticità.
Che cos’è il “default”? In Finanza viene definita come situazione di “default” (in Italiano insolvenza) l’incapacità tecnica di un emittente di rispettare le clausole contrattuali previste dal regolamento del finanziamento, in parole povere l’impossibilità di far fronte a un debito.
Che cosa prevede il nuovo Regolamento europeo? Prevede sostanzialmente una più rigida definizione del soggetto insolvente, secondo le seguenti condizioni sintetizzate da Banca d’Italia:
a) ritardo di oltre 90 giorni nel pagamento di un’obbligazione rilevante;
b) fattispecie per cui la banca giudica improbabile che, senza il ricorso ad azioni quali l’escussione delle garanzie, il debitore adempia integralmente alla sua obbligazione.
La condizione b) è già in vigore e non ha subito alcun cambiamento con la nuova definizione di default introdotta quest’anno.
Per quanto riguarda invece la condizione a), un debito scaduto va considerato rilevante quando l’ammontare dell’arretrato supera entrambe le seguenti soglie:
– 100 euro per le esposizioni al dettaglio (persone fisiche e piccole e medie aziende) e 500 euro per le esposizioni diverse da quelle al dettaglio (soglia assoluta);
– l’1% dell’esposizione complessiva verso una controparte (soglia relativa).
Superate entrambe le predette soglie, prende avvio il conteggio dei 90 giorni (o 180) consecutivi di scaduto, oltre i quali il debitore è classificato in stato di default.
(fonte: https://www.bancaditalia.it/media/fact/2020/definizione-default/index.html)
Quindi, mentre da un lato la sopravvivenza di migliaia di aziende è appesa a un filo e gli interventi pubblici in molti casi non sembrano offrire sufficienti speranze agli imprenditori, la burocrazia bancaria europea, incurante degli eventi mondiali, porta avanti una stretta che potrebbe pregiudicare la possibilità di rilancio del nostro Sistema Paese. In Italia infatti le banche già non si comportano come nel resto d’Europa e non concedono facilmente alle aziende il credito necessario per poter competere: dunque, a fronte di un sistema produttivo già compromesso, risulta ancora più grave scivolare in una situazione di ulteriore difficoltà, a causa di un autoimposto regolamento che avrebbe almeno potuto attendere la fine della pandemia per poter essere applicato.
Come FEDERTERZIARIO temiamo che l’entrata in vigore di questo Regolamento, in un periodo in cui servirebbero per contro manovre straordinarie di accesso al credito, possa compromettere la ripresa del Sistema Paese.
A nostro avviso sono eccessivamente rigidi i criteri richiesti per la definizione di default: considerato il periodo storico critico e visti i livelli di indebitamento delle PMI e le non rosee prospettive di ripresa del mercato (soprattutto per quei settori come Turismo e Ristorazione che costituiscono, specie nel Mezzogiorno, una fetta importante della nostra capacità di generare reddito).
Le PMI (e in primis quelle la cui attività è stata bloccata dalle misure contenute nei vari DPCM, fra cui appunto Turismo e Ristorazione) necessitano di interventi che non gravino ulteriormente sulla loro capacità futura di accesso al credito. Stanti le nuove regole, il rischio di insolvenza nel breve e medio periodo è infatti molto alto, così come è alto il rischio che di questa situazione possano approfittare le mafie, bisognose di operazioni di riciclaggio.
Bisogna altresì considerare come nel nostro Paese, primo al mondo per siti Unesco, il solo comparto “viaggi e turismo” rappresentasse prima della pandemia il 13,2% del PIL, con un valore pari a 232,3 miliardi di euro (dati World Travel and Tourism Council). Questo dato, unito alla consapevolezza che il settore necessiti non solo di sostegni concreti per superare il periodo pandemico ma anche e soprattutto di misure atte a rilanciarlo, rende ancora più grottesca e incomprensibile questa stretta sull’applicazione di un Regolamento (i cui svantaggi per il Sistema Paese sono peraltro talmente evidenti da rischiare di compromettere, in assenza di correttivi, la ripartenza di un tessuto economico reso debole e fragile dalla pandemia).
Per questo motivo, conclude il Segretario Nazionale di Federterziario Alessandro Franco, considerato il livello di indebitamento e le prospettive non rosee per il futuro, chiediamo alla Politica di apportare urgentemente i dovuti correttivi, per evitare che le nostre imprese (già gravate dai mancati introiti e da aliquote fiscali tra le più alte d’Europa) possano diventare facile preda della speculazione finanziaria straniera, o cadere nelle mani della criminalità organizzata, distruggendo in ambedue i casi il valore del tessuto produttivo nazionale.