La sentenza della Corte di Cassazione n. 6869 del 07 maggio 2012 ribadisce un orientamento interpretativo ormai consolidato che riconosce legittimità alla mancata erogazione dell’accantonamento al lavoratore da parte della Cassa edile, se l’azienda è inadempiente nei versamenti degli stessi oltre che dei contributi a suo carico.
La problematica assume particolare attualità considerato che la grave crisi economica che sta attanagliando il nostro Paese ha colpito tutti i settori produttivi non risparmiando in particolare quello edilizio già sofferente per il cronico ritardo nei pagamenti da parte dell’Amministrazione pubblica. L’aumento dell’esposizione debitoria delle imprese nei confronti dell’apparato delle casse edile è solo un dei tanti, pericolosi, indici della grave situazione economica.
La sentenza in commento si sofferma anche su un aspetto di natura processuale inerente l’insinuazione al passivo da parte della Cassa edile.
Procediamo con ordine
Un lavoratore aveva chiamato in giudizio la Cassa edile di Messina dinanzi al Tribunale del Lavoro in quanto il ricorrente contestava il fatto che la Cassa si era insinuata nel passivo di alcune aziende in stato di insolvenza fallimentare, non solo per le somme di sua spettanza, ma anche per quelle, a titolo di accantonamento, da versare ai lavoratori, con la conseguenza che questi ultimi avevano perso il privilegio spettante per le retribuzioni.
Rigettata la domanda, il lavoratore proponeva appello sostenendo erronea la valutazione del primo Giudice che non aveva svolto alcuna indagine sulla consistenza dello stato attivo del fallimento e non aveva censurato il fatto che la Cassa non avesse esercitato l’azione di recupero prima che le società venissero dichiarate fallite e, chiedendo, invece, poi, di essere ammessa al passivo senza privilegio.
Nel confermare in toto la sentenza di primo grado la Corte d’appello di Messina osservava che non sussiste un obbligo specifico di ammissione al passivo solo per le somme di spettanza della Cassa e non anche per quelle versate ai lavoratori.
Investita della questione, la Corte di Cassazione ha ritenuto legittima la decisione della Corte territoriale per il ragionamento logico-giuridico da essa seguito.
Infatti, le Casse edili sono organismi di origine contrattuale e sindacale, a carattere paritetico (perché gestiti unitamente da rappresentanti, dei sindacati dei lavoratori e da rappresentanti dei datori di lavoro) e sono investite del compito di assicurare ai lavoratori del settore edile il pagamento di alcune voci retributive (ferie, festività, permessi, gratifica natalizia, le somme relative all’anzianità professionale, c.d. Ape) che, per l’elevata mobilità che caratterizza il settore, e per la conseguente durata ridotta dei rapporti, risulterebbero di importo minimo, e dunque di problematica erogazione.
Esse, inoltre, forniscono anche prestazioni che, pur conservando natura in senso lato retributiva, hanno anche una connotazione previdenziale ed assistenziale, ad esempio, integrando i trattamenti di malattia ed infortunio, oppure sostenendo il reddito dei lavoratori durante fasi di sospensione del rapporto dovute a crisi.
Tali prestazioni sono finanziate dai datori di lavoro, versando gli accantonamenti per le prestazioni di natura retributiva, nonché i contributi di competenza per il resto (con un limitato apporto anche dei lavoratori).
Da questa corretta ricostruzione, ne deriva che le somme che il datore ha l’obbligo di versare alla Cassa Edile quali accantonamenti destinati al pagamento delle somme dovute per ferie, gratifiche natalizie e festività infrasettimanali, costituiscono somme spettanti ai lavoratori a titolo retributivo.
E dal momento che il meccanismo normativo previsto per il pagamento da parte del datore ed il conseguente diritto dei lavoratori integra una delegazione di pagamento (ex artt. 1269 e segg. cod. civ.: Cass. 27 maggio 1998 n. 5257), il pensiero della Corte è che la Cassa non diventa obbligata nei confronti del lavoratore con il mero sorgere del rapporto di lavoro, bensì solo con il pagamento, da parte del datore, delle somme stesse (Cass. n. 14658/2003; Cass. n. 16014/2006).
In tal modo, per la stessa natura retributiva delle somme che il datore ha l’obbligo di versare alla Cassa Edile, e per il fatto che l’obbligazione della Cassa Edile non sorge con la mera costituzione del rapporto di lavoro, bensì solo con il pagamento alla stessa da parte del datore, si può affermare che, se ben può il lavoratore agire nei confronti del datore per il pagamento delle somme dovute per ferie festività e gratifiche natalizie, egualmente la Cassa ha l’obbligo di riscuotere le somme che il datore è tenuto a versare.
Pertanto, mentre l’iniziativa dei lavoratori per l’ammissione allo stato passivo per gli importi dalla Cassa edile non percepiti costituisce solo un’ eventualità, l’azione dell’Ente, che agisce anche nell’interesse dei lavoratori per un obbligo contrattuale, appare come attività doverosa.
Con ciò argomentando gli Ermellini hanno ritenuto incensurabile da parte del lavoratore l’attività di insinuazione al passivo operata dalla Cassa per il recupero delle somme dovute dal datore di lavoro sia a titolo di contribuzione dovuta che a titolo di accantonamenti per gli operai.